CSR: perché le aziende devono diventare sostenibili per sviluppare il loro business

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La responsabilità sociale di impresa non sono tre righe in una bella mission aziendale

 

Lavoro da 15 anni con le aziende e molte volte mi è capitato di vedere dei siti con delle mission aziendali entusiasmanti. Organizzazioni che dichiarano i loro nobili intenti grazie a catene produttive sostenibili, all’attenzione per l’ambiente e all’uso di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia da riutilizzare internamente così da abbattere l’impatto ambientale.

Nessuno nel leggere quelle parole si sognerebbe mai di mettere in dubbio tali dichiarazioni ma spesso mi sono chiesta quanto ci sia di vero e quanto solo fumo negli occhi per costruirsi un’immagine di alto valore sul mercato.

É anche vero che, nel caso in cui venissero scoperte, la loro reputazione crollerebbe immediatamente con un danno d’immagine difficile da sanare.

La CSR per la Comunità Europea

La definizione più citata in ambito europeo è quella contenuta nel Libro Verde pubblicato dalla Commissione Europea nel 2001 dove la Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI), in inglese Corporate Social Responsibility, (CSR) viene definita come “integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Come specificherà l’Unione Europea nel 2011: “la Responsabilità Sociale delle Imprese consiste nell’impatto che esse hanno sulla società”.

La responsabilità sociale d’impresa non è quindi fare la raccolta differenziata o avere un giardino con il laghetto per il recupero dell’acqua piovana; è invece un forte impegno sociale volto a determinare e orientare tutte le scelte aziendali e le attività produttive.

Implica l’adozione di processi che siano in grado di limitare l’impatto ambientale dell’impresa sul territorio e la realizzazione di iniziative volte a favorire stili di consumo sostenibili, ma implica anche l’impegno delle organizzazioni nella società con finanziamenti nel campo dell’arte, della cultura, dell’istruzione, della riqualificazione di aree disagiate al fine di restituire parte della ricchezza generata.

L’impegno deve essere quindi rivolto a produrre benefici collettivi nel lungo periodo, le aziende che hanno come unico obiettivo la generazione di fatturato o attività opportunistiche ed isolate nel campo della sostenibilità ambientale sono destinate a implodere perché sono gli stessi consumatori a richiedere l’ingresso delle aziende nel tessuto sociale che, per questo, saranno disposti a premiarle.

La piramide della responsabilità di Carroll (1991)

La piramide della sostenibilità ideata da Carrol si articola su quattro livelli di crescente importanza:

  • responsabilità economiche: essere profittevoli

  • responsabilità legali: rispettare la legge

  • responsabilità etiche: agire in modo etico

  • responsabilità filantropiche: comportarsi da buon cittadino

Quando le aziende rispettano tutte queste responsabilità allora si può parlare di responsabilità sociale d’impresa.

La CSR in Italia

Da quando la Responsabilità Sociale di Impresa è entrata nell’agenda Europea, anche le aziende italiane hanno iniziato ad approfondire la loro presenza sul mercato e gli investimenti in tal senso crescono ogni anno.

La CSR è uno strumento strategico di crescita delle imprese che consente loro di essere più competitive sul mercato e più legate al territorio in cui si sviluppano.

Da quando l’argomento è entrato a pieno titolo nel Libro Verde della Commissione Europea, nel 2001, gli investimenti delle aziende sono raddoppiati passando da un 44% all’85% del 2017 e sono in costante crescita.

Si passa quindi da un modello aziendale “produco e vendo” a un modello “ascolto e rispondo” decisamente più vicino alle aspettative ed esigenze di consumatori e stakeholders.

La CSR diventa quindi un valore essenziale per la crescita delle organizzazioni che va a coinvolgere tutti i dipendenti che contribuiscono al suo successo.

In quest’ottica il 35% delle aziende sostiene di voler contribuire ad uno sviluppo sostenibile, il 32% vuole essere più responsabile per le future generazioni e il 29% vuole migliorare la loro relazione con la società e la comunità; i meri obiettivi commerciali diventano meno importanti.

La CSR passa anche dalla scelta di un gadget aziendale sostenibile

In questo contesto anche la scelta di un oggetto di comunicazione che sia in linea con i valori, la mission e gli obiettivi di crescita sostenibile dell’azienda diventa un fattore importante da non trascurare ai fini della coerenza della marca.

Questo vuol dire sapere da dove arrivano i gadget prodotti, spesso i più economici e inflazionati, da paesi dell’est Europeo o dell’Asia dove le condizioni di lavoro sono discutibili e le materie utilizzate non certificate secondo gli standard europei.

Scegliere il Made in Italy o Made in Europe è quantomeno consigliabile per un oggetto di qualità medio/alta che debba soddisfare le esigenze di comunicazione di un’azienda.

Scegliere la qualità rispetto alla quantità è ciò che consiglio di solito ai miei clienti. Veniamo invasi ogni giorno da gadget di tutti i tipi ma, se ci pensate bene, quanti vengono realmente utilizzati e quanti finiscono direttamente nel cestino? Quanti ancora comunicano realmente i messaggi aziendali trasmettendo quell’ immagine di coerenza e impegno sociale dichiarati?

Si può fare cultura aziendale, sociale e ambientale anche attraverso un gift aziendale che sia stato studiato con attenzione e prodotto in modo etico per un determinato pubblico di riferimento con l’obiettivo di comunicare i propri valori per tutta la durata di vita dell’oggetto stesso.

Consapevolezza, responsabilità ed etica dovrebbero essere i valori primari che guidano qualsiasi organizzazione volta alla crescita del benessere economico e culturale del territorio e non solo del proprio fatturato.

Le aziende in cui lavorate sono orientate ad investire parte dei loro guadagni al benessere sociale, territoriale e/o ambientale?

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